[Le notizie, di seguito riportate, sono estrapolate dal lavoro di studio e di ricerca condotto nel 2015 da Giuseppe Ferrara, avo da parte materna di Francesco Paolo Castronuovo]. Il suo nucleo familiare era composta da quattro sorelle e due fratelli. Le sorelle sposarono tutte uomini di influenti famiglie carbonesi e non solo: Maria Luisa coniugata con un De Luca di Tramutola, Carolina sposa di Prospero Castelli di Carbone, Angela Rosa sposò Egidio Galdini anch’egli di Carbone, Aurelia coniugata con Nicola Mobilio di Calvera. Con i due fratelli, Domenico (medico) e Gabriele (farmacista e notaio), rimasti celibi, condivise la passione politica e le idee di libertà e di indipendenza, partecipando attivamente ai moti preunitari del 1848 i cui echi arrivarono anche a Carbone. Egli, invece, molto probabilmente, ebbe tre figli: Maria Antonia, Vito (avvocato, sposato con Camilla Cascini figlia del cavaliere Vito, originario di Castelsaraceno) e Nicola.
Francesco Paolo Castronuovo istituì una scuola di diritto all’interno del palazzo Castronuovo di Carbone, impreziosita da una biblioteca dal valore inestimabile, che ebbe molteplici riconoscimenti anche oltre i confini regionali per la vastità e la peculiarità di opere e manoscritti, alcuni dei quali di pregevoli e rare edizioni. La scuola “di alta formazione” raccoglieva studenti che provenivano da tutti i pesi della Basilicata e anche dalle regioni limitrofe. Il percorso di studi culminava con un vero e proprio esame che consentiva l’accesso al mondo delle professioni. Nella scuola non si insegnavano solo discipline giuridiche, ma anche materie letterarie e scientifiche al fine di garantire agli studenti una solida formazione. La scuola, infatti, formò molteplici studenti che ebbero, poi, una brillante carriera arrivando a ricoprire importanti cariche. Il nome più illustre fu certamente quello di Piero La Cava, avvocato di Corleto Perticara, Deputato nei governi Crispi (1859-1991), Giolitti (1892-1893), Pellux (1898-1900) e ancora Ministro delle finanze con Giolitti (1907-1908). Oltre a essersi formato presso la scuola di “avviamento alla professione forense” di Carbone, condivise con Francesco Paolo Castronuovo la passione politica e le idee irredentiste. Non solo La Cava, ma anche Antonio Rinaldi di Napoli (avvocato, cultore di diritto civile e scrittore), Alessandro Giura (letterato di Castronuovo di Sant’Andrea) e Vito Mobilio (suo prezioso collaboratore e docente di chimica e materie affini presso “l’istituto di alta formazione” carbonese).
L’educazione delle giovani menti a quei tempi era quasi esclusivo appannaggio di chierici ed ecclesiastici, dunque, una scuola laica come quella avviata da Francesco Paolo Castronuovo a Carbone costituiva una brillante e rara peculiarità. Altri centri di formazione simili, coevi, erano presenti nei comuni di: Castronuovo di Sant’Andrea (diretta da Alessandro Giura), Latronico (a opera dei fratelli Arcieri), Missanello (per iniziativa di Nicola Alianelli), Teana (a cura dei fratelli Vitale), Spinoso (in nome di Antonio Francesco Casale), Chiaromonte (grazie a Pasquale Leo), Montalbano (per opera dell’abate Troylo).
Il concittadino Francesco Paolo Castronuovo non volle mai allontanarsi definitivamente da Carbone e non pensò mai di abbandonare il centro di “alta formazione” da lui istituito, rifiutando incarichi presso rinomate università come quelle di Napoli e di Roma.
Egli, inoltre, visse con pienezza i fervori del suo tempo: manifestò il suo impegno a favore della proprietà collettiva municipale prendendo parte attiva alla vita politica locale. Nel 1848 ricoprì la carica di Decurione (assimilabile all’attuale assessore comunale), aderì al movimento costituzionale e fu protagonista dell’intervento armato in Calabria nel tentativo di organizzare tutte le forze liberali operanti nelle province del Mezzogiorno d’Italia. A seguito di questa iniziativa fu deferito dinnanzi alla Gran Corte di Basilicata e dovette rispondere della partecipazione alle vicende verificatesi a Carbone nel 1848. Nel 1851 poté godere dell’indulgenza, ma il suo nome fu annoverato tra i politici sottoposti alla “sorveglianza di polizia”. Durante il susseguirsi degli accadimenti storico-politici, che determinarono la costituzione dell’Unità nazionale e la cacciata dei Borbone, fu accusato di essere reazionario e cospiratore avverso alla costituzione concessa da Ferdinando II.
Con il costituirsi dell’Unità d’Italia Francesco Paolo Castronuovo fu nominato (il 22 maggio 1864 dal Re Vittorio Emanuele II) sindaco di Carbone fino al 1866. Ma la partecipazione ai nuovi moti insurrezionali verificatisi a Carbone, per la liberazione delle terre demaniali illegittimamente detenute dai baroni, gli costarono l’arresto. Ottenne, nuovamente, la libertà provvisoria e la reintegrazione, a seguito di provvedimento reale, alla carica di sindaco.
Il 13 dicembre 1877 fu nominato, da Vittorio Emanuele II, Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. La comunità di Carbone, inoltre, decise di intitolargli la locale scuola media (corrispondente all’attuale scuola secondaria di primo grado). Infine, nel settembre del 1984 fu dedicata a Francesco Paolo Castronuovo una piazzetta nel centro del paese.
La partecipazione attiva alla vita politica e la docenza non sottrassero tempo alla sua produzione letteraria, della quale, tuttavia, si hanno poche testimonianza. Fu autore di due testi: uno su Roma e Vittorio Emanuele pubblicato a Potenza dall’Editore Favatà nel 1870 e l’altro “Poche parole per se stesso” stampato dalla stessa casa editrice potentina nel 1867.
Non è certamente da escludere che la sua produzione letteraria sia stata ben più vasta. Francesco Paolo Castronuovo, infatti, non si fermò solo ai testi in prosa, ma si cimentò anche nella stesura di meravigliosi componimenti poetici spesso dedicati ad accadimenti storici di portata nazionale ma anche ai suoi allievi più brillanti e agli amici con i quali condivise gli stessi impegni politici, molti di questi ancora conservati dai suoi discendenti.
Attingendo ancora, a piene mani, dalle preziose testimonianze raccolte dal suo avo, Giuseppe Ferrara, si può estrapolare uno dei componimenti, “l’Esule”, in cui il giurista descriveva la forte nostalgia che doveva provare colui che era stato costretto ad abbandonare la propria terra natia. Egli, secondo Francesco Paolo Castronuovo, potrà trovare liberazione da questo incalzante e lacerante dolore solo con il sopraggiungere della morte. In questi versi si può leggere, forse, anche la ragione delle sue scelte di vita: la rinuncia alla cattedra universitaria a Napoli e poi a Roma, da un lato, e l’impego politico e civile, mai lesinato, a favore dei meno abbienti e dell’equa ridistribuzione delle terre, dall’altro.