SANTUARIO DI SANTA MARIA DEL SOCCORSO

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SANTUARIO DI SANTA MARIA DEL SOCCORSO

 

Come ricorda puntualmente lo studio di Francesco Buglione. Più suggestiva doveva essere l’antica costruzione con tre ingressi che solennizzavano la chiesa in cui non mancavano “orchestra” e “organo”, con un campanile, due campane e la “creazione” di una residenza abitativa per l’oblato consistente in due camere superiori e due inferiori.

Non si esclude che il culto sia stato introdotto a Carbone dai frati francescani dell’Osservanza – come scrive Antonio Appella – che, insieme agli Agostiniani, furono fondamentali promotori dello sviluppo e della diffusione, attraverso il tipo iconografico della Virgo clavigera nel Regno di Napoli, tra XVI e XVII secolo.

Sotto il titolo della Vergine del Soccorso fu istituito a Carbone, agli inizi del XVII secolo, un monte frumentario, insieme all’altro sotto il titolo della Madonna degli Angioli, «dalla pietà de’ Carbonesi onde somministrare ai coloni poveri il grano per la semina da restituirsi in ogni mese di agosto con discretissimo aumento», posto sotto il patronato della Università (con questo termine si indicava il comune) carbonese che doveva scegliere una persona integra come procuratore e amministratore dei beni. Fra Giovanni Paolo Satriano compare tra i primi oblati della Cappella. Nel 1741 essa viene ricordata con i suoi diversi possedimenti. Tuttavia, i turbolenti avvenimenti storici nello scorcio del secolo XVIII, ricorda lo Spena, portarono a far diminuire la

 

fervida divozione de Carbonesi verso la Madonna del Soccorso poichè ognuno pensava allora peculiarmente a salvar la vita, e le sostanze della propria famiglia; ma ritornata felicemente la calma e ripristinato l’ordine pubblico si accrebbe di molto la pietà verso la Beata Vergine, che anzi questo municipio implorò ed ottenne dalla Clemenza del Re l’autorizzazione per celebrare un’annua fiera ne’ giorni di venerdì, sabato, terza domenica di ottobre sotto il titolo di S. Maria del Soccorso ed un mercato in ogni lunedì di dicembre e durante tutto il carnevale.

 

Lo scrittore si riferisce al decreto n. 9883, dato a Napoli il 26 dicembre 1845, secondo il quale si autorizzava «il comune di Carbone in Basilicata» a tenere la fiera in onore della madonna.

Al 1850 risale un verbale della locale commissione di Beneficenza, con la discussione dei rapporti presentati dai periti mastro Vincenzo La Sala falegname e mastro Raffaele Rugiero muratore «sugli accomodi urgenti da effettuarsi sulla cappella di Santa Maria del Soccorso». Essa è ricordata «fuori l’abitato di questo Comune ed alla distanza di circa un miglio» e considerata «unico santuario di questa popolazione, la quale è devotissima della beata Vergine sotto il titolo del Soccorso», con pavimento a mattoni e due finestre a vetrate una a levante e una a ponente, con una casa dell’oblato, un campanile, ma nel 1854 ancora senza un restauro come risulta dall’appello scritto dall’arciprete curato Giacomo De Nigris all’Intendente. Al 1856 risalgono diversi documenti, a firma del sindaco Mario Celano, che rilevano la mancanza per quella cappella di arredi liturgici: camici, messale, pianeta, indoratura di calice, patena, tovaglie per altare. Nel 1857 si provvede a un sacro baldacchino e ombrello chiesastico di seta. Lo stesso vescovo aveva vietato, per tali mancanze, le «sacre funzioni».

All’interno del santuario è ospitata la statua della Beata Vergine del Soccorso, in legno, intagliata e ridipinta, appare nella iconografia classica: incoronata come regina solenne, in posizione frontale con il Bambino divino in braccio mentre nella destra brandisce il bastone, quasi come scettro, per colpire il demonio in difesa dei suoi fedeli e dell’umanità intera. Come sottolinea lo studio di Antonio Appella: la dignità regale è rimarcata dalla corona ma anche dalla veste purpurea, avvolta dal mantello blu stellato, colori ed elementi che nella tradizione iconografica ricordano la divinità da cui Maria è avvolta nella maternità verginale. La statua può essere datata al XVIII secolo, in concomitanza con la ripresa e l’affermazione del culto nella comunità di Carbone e l’istituzione dei solenni festeggiamenti. Solenne, decisa e severa, protettiva e materna, la Madonna di Carbone risponde alla più naturale attesa di protezione implorata dai fedeli.

La Madonna soccorritrice entra, con la sua raffigurazione, in diversi e raffinati vasi sacri (conservati nella chiesa madre di Carbone) come nel settecentesco calice, di bottega napoletana, sul cui piede emerge, a mezzo busto, di tre quarti, lattante col Bambino e il bastone. Sia nella rappresentazione della statua sia in quella sul calice la scena non presenta il demonio né il fanciullo, personificazione di ogni fedele, assenze dovute alla praticità della statua, destinata alle processioni, e al poco spazio sulla base del calice.

Nella solenne Croce processionale astile argentea (anch’essa custodita nella chiesa madre), del 1720, invece la Madonna è in piedi, a figura intera, col capo coperto, in posizione frontale col Figlio sul braccio sinistro mentre col destro, finemente decorato, brandisce il bastone ormai perduto, pronta a colpire il diavolo che spunta, con la sua testa cornuta, ai suoi piedi minacciando un fanciullo, alla sinistra, che si stringe alla veste per ripararsi alla minaccia. Troviamo il demonio umanoide, come creatura deforme, di sesso maschile, deforme e spaventoso, rappresentazione ribadita dal Concilio di Trento.

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