La chiesa madre di Teana, dedicata alla Madonna del Carmine è una delle più belle e più grandi del circondario e di tutta la diocesi di Tursi-Lagonegro. Un senso di stupore pervade il visitatore che si trova immerso in un contesto luminoso e ampio. La sua bellezza risente degli effetti del terremoto del 1857. Imponente nella struttura, presenta due bei portali in pietra bianca, il principale è ad arco e affiancato da due lesene con capitelli, eleganti decori su pietra, invece, impreziosiscono quello più piccolo su cui si notano anche due lesene sormontate da una trabeazione a sua volta sovrastata da un’immagine della Madonna con Bambino.
Sul lato svetta il campanile a base quadrata con copertura a cuspide.
Delicati stucchi abbelliscono l’interno, la cui volta a botte presenta pregevoli affreschi, ma da ammirare è anche il quadro dell’Annunziata sulla sinistra dell’altare maggiore in marmi policromi e non solo. Molto suggestiva l’immagine dell’Immacolata che schiaccia la testa del serpente. testamento Giuditta a Susanna. La Chiesa ospita inoltre un antico crocifisso, le statue lignee anche esse molto antiche di S. Antonio e S. Biagio e della Madonna delle Grazie, il mezzo busto di San Gaetano, oltre ad un ampio altare e mensa in marmo.
A sormontare tutto sopra il presbiterio troneggia la Santissima Trinità e gli evangelisti, mentre all’ingresso ci accolgono le storie illustrate del battesimo di Giovanni e del sogno di Giuseppe. Molto caratteristici gli angeli. Catturano invece lo sguardo dell’osservatore le storie illustrate che raffigurano Davide e la storia di Abramo e del figlioletto Isacco quella di Elia ed Eliseo, invece di particolare importanza per il popolo fedele è quella che simboleggia il martirio di San Biagio molto grande e in posizione centrale, infatti San Biagio è il Santo Patrono. A motivo del miracolo del salvataggio di un bambino che stava soffocando dopo aver ingerito una lisca di pesce, il 3 febbraio, giorno di san Biagio, è tradizione compiere una benedizione della gola con le candele benedette. Inoltre la chiesa ospita una reliquia del Santo, una parte della tibia. Molti miracoli sono attribuiti al Santo, in particolare a Teaa e nel circondario si aspetta l’uscita del vecchio santo il processione per l’arrivo della pioggia a maggio in un periodo molto importante per il raccolto futuro.
Partico Infine quasi nascoste dietro il presbiterio si possono ammirare due scene relative a due donne dell’antico
La comunità ha una forte venerazione verso la Madonna addolorata, molto suggestiva è la processione che si svolge per le strette vie del centro storico il venerdì santo. Fino a non molti anni in occasione del misere venivano usati strumenti in legno le troccole, suonate da ragazzi che invitavano tutti a recarsi in Chiesa, sostituendo il suono delle campane ferme.
Le altre dieci Chiese
La presenza di una chiesa così grande e maestosa simboleggia la forte devozione del popolo teanese, infatti, essa era nel Seicento solo una delle ben dieci chiese che si trovavano a Teana. Nel 1683 da un Apprezzo del perito Mario D’Urso si apprende che le Chiese erano: Chiesa Madre sotto il titolo del Carmelo, Santa Maria delle Grazie, Santa Maria di Costantinopoli, San Cristofaro, San Sebastiano, Santa Maria degli Angeli, Santa Maria del Soccorso, Santa Maria dei Martiri, San Modestino e San Rocco. A fine Seicento esistevano solo le prime quattro, oggi tre. Tuttavia è possbile quasi per tutte identificare, anche grazie alla toponomastica, la loro collocazione.
Le feste
Le festività principali attualmente ricorrono l’8 e il 9 agosto, festa di S. Antonio e della Madonna delle Grazie, con processione e tipico ballo delle “gregne”. Si festeggia inoltre il Santo Patrono S. Biagio a febbraio, con la tipica benedizione della gola e a maggio.
San Biase
Biagio di Sebaste, noto come San Biagio (Sebastea, III secolo – Sebastea, 3 febbraio 316), è stato un vescovo e santo armeno, venerato come santo dalla Chiesa cattolica (vescovo e martire) e dalla Chiesa ortodossa.
issuto tra il III e il IV secolo a Sebaste in Armenia (Asia Minore), era medico e venne nominato vescovo della sua città. A causa della sua fede venne imprigionato dai Romani, durante il processo rifiutò di rinnegare la fede cristiana; per punizione fu straziato con i pettini di ferro, che si usano per cardare la lana. Morì decapitato.
San Biagio muore martire tre anni dopo la concessione della libertà di culto nell’Impero Romano (313). Una motivazione plausibile sul suo martirio può essere trovata nel dissidio tra Costantino I e Licinio, i due imperatori-cognati (314), che portò a persecuzioni locali, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per i cristiani e condanne a morte per i vescovi.
Pochissimo di certo sappiamo sulla vita del santo. Le poche storie sulla biografia dell’armeno sono state tramandate prima oralmente e poi raccolte in agiografie, come in quella famosa di Camillo Tutini, Narratione della vita e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire (Napoli, 1637).
Nel sinassario armeno, al giorno 10 febbraio, si legge un compendio della vita del santo: «Nel tempo della persecuzione di Licinio, imperatore perfido, san Biagio fuggì, ed abitò nel monte Ardeni o Argias; e quando vi abitava il santo, tutte le bestie dei boschi venivano a lui ed erano mansuete con lui, egli le accarezzava; egli era di professione medico, ma con l’aiuto del Signore sanava tutte le infermità e degli uomini e delle bestie ma non con medicine, ma con il nome di Cristo. E se qualcuno inghiottiva un osso, o una spina, e questa si metteva di traverso nella gola di lui, il santo con la preghiera l’estraeva, e sin da adesso ciò opera; se alcuno inghiotte un osso, o spina, col solo ricordare il nome di S. Biagio subito guarisce dal dolore. Una povera donna aveva un porco, il quale fu rapito da un lupo; venne la donna dal Vescovo, e con pianto gli fece capire come il lupo aveva rapito il suo porco; allora il Santo minacciò il lupo, e questo rilasciò il porco. Fu ad Agricolao accusato il Vescovo, il quale mandò soldati, che lo condussero avanti ad esso; il giudice gli fece molte interrogazioni, ed egli in tutta libertà confessò, che Cristo era Dio, e maledisse gli idoli, e i loro adoratori, e però subito fu messo in prigione. Sentì la vedova, che il Vescovo era stato messo in prigione, uccise il porco, cucinò la testa e i piedi d’esso, e gli portò al Vescovo con altri cibi e legumi: mangiò il Santo, e benedisse la donna, e l’ammonì, che dopo la sua morte ciò facesse ogni anno nel giorno della sua commemorazione, e chi ciò facesse in memoria di lui sarebbe la sua casa ricolma d’ogni bene. E dopo alcuni giorni levarono il santo dalla carcere, e lo portarono davanti al giudice, e confessò la sua prima confessione, e chiamò gli idoli demoni, e gli adoratori degli idoli chiamò adoratori del demonio. Si sdegnò il giudice: legarono il Santo ad un legno, e cominciarono coi pettini di ferro a stracciargli la carne, e appresso lo deposero e portarono in carcere. Sette donne lo seguirono, le quali col sangue del Santo ungevano il loro cuore e volto: i custodi delle carceri presero le donne, e le portarono al giudice, e le sante donne confessarono, che Cristo era Dio; furono rilasciate; ma le donne non contente di ciò andarono dagli idoli, e sputarono esse in faccia, e racchiusi tutti in un sacco, e quello legato fu da esse gettato in un lago. Ciò fatto tornarono al giudice dicendogli: «Vedi la forza dei tuoi dei, se possono uscire dal profondo lago.» Comandò il giudice, che si preparasse il fuoco, e piombo liquefatto, spade, pettini di ferro, ed altri tormenti; a dall’altra parte fece porre tele di seta, ed altri ornamenti donneschi d’oro, d’argento e disse alle donne: «Scegliete quel che volete.» Le donne pure gettarono le tele nel fuoco, e sputarono sopra gli ornamenti. Si sdegnò il giudice, e comandò che si apprendessero, e con pettini di ferro fece dilacerare il corpo, e poi le gettarono nel fuoco, da cui uscirono illese, e dopo molti tormenti tagliarono ad esse la testa, e così consumarono il martirio. Ma il Santo Biagio lo gettarono nel fiume, ed il Santo si sedette sopra l’acqua quasi sopra un ponte. Entrarono nel fiume 79 soldati per estrarre il santo, e tutti s’affogarono, ed il Santo uscì senza danno: lo presero per tagliargli la testa; e quando arrivarono a quel luogo, orò lunga orazione e domandò a Dio, che se alcuno inghiotte osso, o spina, che gli si attraversi la gola, e senta dolore, e preghi Dio col nominar lui, subito sia libero dal pericolo. Allora calò sopra di lui una nuvola, e si sentì da quella una voce che diceva: «Saranno adempiute le tue domande, o carissimo Biagio: tu vieni, e riposa nella gloria incomprensibile che ti ho preparato per le tue fatiche.» Appresso tagliarono la testa al Vescovo Biagio nella città di Sebaste. Uno chiamato Alessio prese il corpo del Santo Biagio Vescovo, e lo ravvolse in sindone monda, e lo seppellì sotto il muro della città, dove si fanno molti miracoli a gloria del nostro Dio Gesù.»
Inoltre a Teana si canta un antico Inno in onore del santo “Inno a San Biagio”.